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Il Ricercatore
Fulvio Balmelli

Fulvio Balmelli Ricercatore Indipendente in biofisica

Fulvio Balmelli, nato a Faido in Ticino (Svizzera) il 15 Luglio del 1964.

Ricercatore indipendente dal 1990, con l’intento instancabile di elaborare soluzioni efficaci e a lungo termine per la salute umana, ha trovato la sua strada creando il proprio percorso di conoscenze e metodi applicativi.

Con un background di Progettazione Meccanica ed una formazione come Operatore Sanitario, ha svolto studi affiancando esperti e medici di vari settori,  nei campi dell’anatomia umana, omeopatia, fitoterapia, osteopatia posturale, biorisonanza, continuando nel contempo ad approfondire la conoscenza delle scienze fisiche e biofisiche. Da allora ogni mattina, prima di entrare in azione, studia testi di medicina e di fisica, aggiornandosi e comparando dati e studi.

In particolare negli ultimi 15 anni ha codificato migliaia di  frequenze elettromagnetiche emesse tra molecole durante specifiche azioni biologiche, creando un vero e proprio linguaggio con cui comunicare direttamente con le cellule di un qualsiasi sistema biologico. E’ nata la Citoalgoritmica, una nuova tecnologia biofisica, attraverso la quale è possibile ripristinare i processi biochimici delle cellule, senza l’uso della chimica.

Fulvio Balmelli Ricercatore Indipendente in biofisica

Il mio viaggio è iniziato nel desiderio di conoscenza e verità, mi ha richiesto principalmente coraggio e integrità, alla fine mi ha regalato l’amore e la benevolenza che solo nell’aiuto puoi sperimentare.

(Fulvio Balmelli – Ricercatore indipendente)

Una vita dedicata alla Ricerca e alle sue Applicazioni pratiche

 

Il minuzioso lavoro eseguito da Fulvio Balmelli negli anni, in qualità di ricercatore indipendente, è consistito nel creare un sistema di ricerca applicata, svolta allo scopo di trovare soluzioni pratiche e specifiche. L’obiettivo primario non era quello di sviluppare una conoscenza teorica, bensì di sfruttare la conoscenza teorica già acquisita da altre precedenti ricerche di base, inquadrandole in un unico schema logico-deduttivo convenientemente articolato ed utilizzarlo per lo sviluppo della relativa tecnologia Citoalgoritmica.

E’ degno di nota che egli abbia utilizzato per oltre 30 anni il proprio corpo come “laboratorio” per codificare i processi biochimici e molecolari, sottoponendosi ad auto-sperimentazioni talvolta lunghe e complesse, e monitorando più volte al giorno i propri parametri clinici attraverso un sistema di comparazione tra indagini biofisiche e rilevazioni convenzionali.

La giornata lavorativa di Balmelli nell’ambito della ricerca si sviluppa con ritmi costanti e ripetuti negli anni, con la ricerca sia pura che applicativa tra le 5 e le 9 del mattino e a seguire un’alternanza di indagini e trattamenti per il resto della giornata, con relativa convalida dei parametri rilevati e delle teorie dimostrate la mattina seguente.

Ad oggi egli vanta all’incirca 40.000 ore di ricerca autonoma ed autofinanziata. L’obiettivo di questa avventura, è sempre stato quello di organizzare, interpretare e spiegare, attraverso il metodo scientifico sperimentale, fenomeni biologici o parte di essi, elaborando sistemi matematici, in grado di intervenire sui sistemi “alterati” o “non funzionali”, riportandoli in equilibrio.

Fulvio Balmelli

IL METODO SCIENTIFICO SPERIMENTALE

 

Il metodo scientifico sperimentale è stato introdotto da Galileo Galilei e si basa su una prima osservazione, seguita da un esperimento, sviluppato in maniera controllata, in modo tale che si possa riprodurre il fenomeno che si vuole studiare. L’esperimento ha lo scopo di convalidare o confutare l’ipotesi che lo scienziato ha formulato. L’ipotesi ha lo scopo di spiegare i meccanismi alla base di quel particolare evento.

I presupposti su cui si fonda il metodo scientifico sono i seguenti:

  • gli eventi naturali osservati hanno delle cause precise ed identificabili
  • esistono degli schemi utilizzabili per descrivere quanto accade in natura
  • se un evento si verifica con una certa frequenza, alla base c’è la stessa causa
  • ciò che una persona percepisce può essere percepita anche da altri
  • si applicano le stesse leggi fondamentali della natura, indipendentemente da dove e quando si verificano determinati eventi

La rigorosità del metodo scientifico risiede nel fatto che una teoria non è mai definitiva ma è suscettibile di modifiche o di sostituzioni, qualora vengano alla luce nuovi aspetti non ancora considerati. Il metodo scientifico richiede una ricerca sistematica di informazioni e un continuo controllo per verificare se le idee preesistenti sono ancora supportate dalle nuove informazioni. Se i nuovi elementi di prova non sono favorevoli, gli scienziati scartano o modificano le loro idee originarie. Il pensiero scientifico viene quindi sottoposto ad una costante critica, una modifica ma anche ad una rivalutazione: è questo che lo rende così grande ed universale.

La Ricerca di Fulvio Balmelli è partita dai fondamenti della biofisica e dai postulati della biorisonanza (per chiarire questo soggetto ti invitiamo a consultare la pagina La Tecnologia), e, applicando il metodo scientifico sperimentale, ha infine sviluppato un intero nuovo corpo di conoscenze che, applicate in una sequenza logica e invariabile, hanno dato luogo ad un nuova tecnologia biofisica, chiamata Citoalgoritmica.

INTERVISTA A

Fulvio Balmelli

Qual è stato il suo percorso di studi?

Ho iniziato ad occuparmi di medicina naturale nel 1988. Grazie ad una legge sanitaria ancora in vigore, ho frequentato i primi corsi di fitoterapia, omeopatia e osteopatia, a quel tempo appena conosciute. Deve sapere che in Svizzera c’è una legge che salvaguarda i così detti “guaritori”, quelle persone che usano terapie comunemente accettate dalla tradizione locale e popolare: tutti quelli che sanno fare massaggi, mettere a posto le articolazioni, usare le erbe ecc. Nel 1990 sono andato in Germania e ho fatto tutti i corsi sulla Biorisonanza. Ero molto scettico, non capivo appieno come poteva funzionare questa cosa. Io voglio sempre provare, essere sicuro, sono il peggior “San Tommaso”; la teoria è bella, la pratica è un’altra cosa e ci vogliono risultati certi e ripetibili in base a criteri scientifici.

Divoravo i libri su ogni argomento; purtroppo nella letteratura scientifica riguardante l’alimentazione a volte si trovano molte contraddizioni, quindi ho dovuto sperimentare da me, prima di scoprire che cosa era più corretto fare (per esempio ho provato tutte le principali diete esistenti al mondo). Quindi ho effettuato migliaia di test su diverse sostanze nutritive, arrivando ad alcune scoperte interessanti che poi sono sfociate nella Kyminasi Diet, in una linea di cosmeceutici Kyminasi e persino nelle soluzioni Kyminasi per l’agricoltura.

Sto ancora effettuando ricerche nell’ambito della medicina rigenerativa: argomento che continua ad affascinarmi e che alimenta le mie speranze di ricavare buoni risultati in un prossimo futuro.

Il ricercatore indipendente Fulvio Balmelli realizzatore della Citoalgoritmica

Che cosa vuol dire essere un ricercatore indipendente?

Un valore pari a circa sei milioni di euro spesi in ricerca negli ultimi 30 anni, comprendendo anche le mie ore lavorative non retribuite. Mentre continuavo a lavorare come libero professionista, facevo dalle 7 alle 10 ore di ricerca tutti i santi giorni, questo nei primi 15 anni (dormendo solo 4 ore per notte, a volte 2); nei successivi 15 anni, ho lavorato alla ricerca dalle 4 alle 5 ore ogni giorno (dormendo finalmente 6 ore a notte). Oggi posso dire che ne è valsa la pena, anche se è stata molto dura.

Come sa, molti ricercatori utilizzano come laboratorio per la ricerca il proprio corpo. Per trovare alcune soluzioni devi conoscere da vicino il problema. Mi sono causato varie condizioni fisiche negative come asma, allergie e intossicazioni: a volte ci sono voluti molti anni per venirne fuori. Un paio di volte ho temuto per la mia vita (questo lo sanno in pochi). Queste ricerche mi hanno permesso di capire come applicare, sotto il controllo della medicina convenzionale, i principi della Biorisonanza che poi sono sfociati in un soggetto completamente nuovo che ho chiamato Citoalgoritmica, che usa frequenze molto più “piccole” per occuparsi direttamente delle cellule dell’organismo.

Qual è il suo scopo professionale?

Il mio scopo primario è sicuramente quello di aiutare la medicina. Esiste una lunga serie di patologie e di malattie che in cuor mio, fin da giovane, definivo ingiuste perché penalizzano il nostro vivere; le puoi curare con la farmacologia tradizionale ma il corpo, a volte, non torna mai più come prima. Lavoro affinché si possa rimanere il più sani possibile, il più a lungo possibile.

Nel tempo, mi sono reso conto che le mie scoperte potevano giovare in altri campi e fungere da supporto nella prevenzione e non più solo nella cura, come ad esempio quello agricolo o quello del trattamento dell’acqua potabile.

Ho dovuto allargare i miei orizzonti per poter davvero raggiungere i miei obiettivi.

Quando è nata questa passione per la medicina?

Fin da piccolo. Dicevo a mia mamma che volevo fare un lavoro per servire gli altri e renderli felici. Ho sempre avuto l’idea di adoperarmi affinché gli altri possano avere il meglio: cerco di essere sempre gentile, premuroso e disponibile perché mi piace aiutare le persone.

Come è arrivato alla medicina integrata?

Volevo trovare punti di contatto tra la medicina convenzionale e quei settori della medicina naturale, non ancora riconosciuti dalla comunità scientifica, che non hanno una base farmacologica, in particolare quelli biofisici. Oggi lavoro in un contesto clinico: ogni trattamento non farmacologico riceve una validazione attraverso analisi convenzionali, i risultati di indagini biofisiche sono rilevabili anche da esami convenzionali.

Si occupa di medicina naturale e rigenerativa?

Si, per migliorare il corpo in modo che diventi più forte e più longevo, per garantire una maggiore qualità di vita. Devo ringraziare tutti i medici che hanno collaborato con me durante questo percorso, iniziato più di trent’anni fa, con alcuni dei quali lavoro ancora oggi. Abbiamo affrontato migliaia di situazioni, che all’inizio potevano sembrare impossibili, ottenendo miglioramenti, patologie risolte e ritorno ad una vita normale. Ma il mio sogno si spinge ben oltre: perché una persona a 60 o 70 anni, non può avere l’energia di quando ne aveva 40 o 50? Il corpo subisce un processo di invecchiamento che poi limita la sua vita; la mia idea è quella che non solo vengano superate le malattie ma che questo deterioramento diminuisca (per quanto sia possibile) e che il corpo diventi sempre più longevo.

E’ un sogno raggiungibile dalla medicina nel futuro?

Io ne sono sicuro. Una delle mie citazioni preferite è di Thomas Alva Edison: “Il medico del futuro non darà nessuna medicina, ma coinvolgerà i suoi pazienti nella cura dell’organismo umano, nella dieta, nelle cause e nella prevenzione  delle malattie”.

(Citazione: The Journal of Medical-physical Research, 1948).

Una medicina più umana quindi?

Decisamente. A volte la medicina si interessa di più alla malattia che al paziente. Umberto Veronesi diceva: “Bisogna tornare alla medicina della persona. Per curare qualcuno dobbiamo sapere chi è, che cosa pensa, che progetti ha, per che cosa gioisce e soffre. Dobbiamo far parlare il paziente della sua vita, non dei suoi disturbi. Oggi le cure sono fatte con un manuale di cemento armato: Lei ha questo, faccia questo; ha qualcos’altro, prenda quest’altro. Ma così non è curare”. Questo concetto segue il pensiero di Platone, che scriveva che il più grande errore nel trattamento delle malattie è che ci sono medici per il corpo e medici per l’anima, ma le due cose non dovrebbero essere separate. Io, per quanto mi riguarda, ritengo più che altro che il medico per il corpo non debba mai perdere di vista il fatto di avere a che fare con un’anima, però, da un punto di vista della meccanica del corpo, questa ha le sue leggi conoscibili e invariabili e con questo principio stabile ho costruito la mia tecnologia per aiutare i medici in una medicina di precisione.

Tutto ciò non prescinde dall’elemento basilare che sostiene il rapporto tra paziente e medico e determina in buona parte la riuscita della guarigione: si tratta della comprensione, del dialogo, del sincero interessamento per la persona. Questo è sempre al primo posto.

Come è nato questo forte interesse per la ricerca?

Le racconto un episodio. Avevo 21 anni, era il 1985, l’anno della più grande gelata del secolo scorso, con temperature scese fino a meno 25 gradi in pianura. Sono rimasto bloccato in un rifugio della Val di Blenio in Svizzera, dopo che un’improvvisa nevicata ha rallentato per sei ore la mia marcia.

Ero solo, avevo i piedi e le mani congelati. All’ospedale di Lugano i medici mi dicono che ho un grave congelamento alle mani e ai piedi e vogliono amputare (in particolar modo i due alluci). Io non ci penso nemmeno, esco dall’ospedale e comincio a curarmi da solo. Dopo qualche settimana i medici constatano un netto miglioramento che scongiura l’operazione. Ma ci sono voluti sei mesi per arrivare alla completa normalità.

Questa esperienza ha aumentato la mia voglia di trovare soluzioni reali nell’ambito della medicina integrata e rigenerativa. Ho studiato per lunghi anni ciò che mi serviva della medicina ufficiale e di quella naturale, collaborando attivamente con diversi medici (e ancora continuo a studiare). Con alcuni di loro, poi mi sono messo a disposizione per sviluppare diversi trattamenti biofisici in ambito clinico.

Sono vivo nella misura in cui posso aiutare e non si può dire che, fino ad ora, io non abbia “vissuto”.

Quando ha cominciato ad occuparsi anche delle piante?

L’idea di lavorare sulle piante è nata tanti anni fa; una notte stavo lavorando alle mie ricerche, su quanto l’anidride carbonica incide sui fattori gastrici. Ero in una stanza dove c’era una bella pianta ed ho pensato “Tu si che funzioni con l’anidride carbonica” e in quel momento mi son detto che potevo sviluppare una tecnologia per l’agricoltura, del tutto naturale e senza effetti negativi per le piante o l’uomo, infatti in questo ambiente purtroppo ormai domina un abuso della chimica.

Prima di arrivare al prototipo definitivo, che è veramente efficace e dà molti risultati in agricoltura, ne ho sviluppati più di 100 e tra questi, su 6 di loro abbiamo messo in atto ampie sperimentazioni, che ci hanno portato negli anni al prototipo definitivo.

L’obiettivo primario di questo progetto è sempre stato quello di fornire all’agricoltura biologica uno strumento che la sostenesse e la rendesse concorrenziale sul mercato, così da garantire sempre di più alle generazioni future frutta e vegetali di qualità e ricchi dei nutrienti necessari al nostro organismo, che ad oggi, purtroppo, sappiamo essere carenti per tutta una serie di motivi.

Quali risultati si ottengono in agricoltura grazie alle sue scoperte?

Gran parte della frutta e della verdura che vengono coltivati oggi hanno perso dal 60 al 70% dei minerali e non hanno sapore. Disponiamo di test di laboratorio che dimostrano che con il nostro dispositivo ci sono miglioramenti marcati in questo senso. Riceviamo di continuo testimonianze positive da agricoltori di tutto il mondo.

Era quello che desideravo, portare bellezza e aumento della produttività utilizzando meno prodotti chimici a beneficio della salute umana.

Fulvio Balmelli Ricercatore Indipendente_7
Fulvio Balmelli e la ricerca sull'acqua

Che cosa ci può dire del suo dispositivo Kyminasi Water per il trattamento dell’acqua potabile?

Molti anni fa, ora mi viene da ridere ripensandoci, all’inizio delle mie ricerche sul corpo umano e sulla biorisonanza, riflettevo su un fatto molto ovvio e piuttosto semplice; il nostro corpo è composto da circa il 60% di acqua. Sto parlando degli anni in cui il concetto di migliorare l’acqua non esisteva, mi riferisco ai depuratori ad uso domiciliare. Ho impiegato molti anni per completare questa mia ricerca sull’acqua migliore per il corpo umano.

Ho cominciato a verificare l’efficacia di tutti i depuratori disponibili sul mercato ed ho cercato il depuratore in grado di creare acqua più alcalina, cioè meno acida.  Essendo esperto di biofisica e di trasmissioni di segnali nel corpo, lo scopo della mia ricerca era quello di migliorare l’acqua, certo, ma con una finalità completamente diversa da tutti gli altri, ho lavorato sull’acqua da un punto di vista del corpo e non dal punto di vista dell’acqua fine a se stessa.

Ho quindi creato una tecnologia che permette all’acqua di essere meglio assimilata dal corpo, perché contiene anche una quantità migliore di ossigeno e tutta una serie di segnali che sono benefici per il corpo umano, per chi la beve, e che agiscono come fattori preventivi per la salute.

E’ veramente incredibile che apportando piccolissime modifiche sulle frequenze, l’acqua possa modificarsi così tanto e cambiare persino nel sapore. Non penseresti mai che questo sia possibile.

E’ un’acqua più vitale, migliore, più assimilabile e che ti disseta veramente. Il dispositivo Kyminasi Water è presente in diversi sistemi di depurazione dell’acqua, che depurano l’acqua con diverse tecnologie (ionizzazione, microfiltrazione, osmosi, ecc.).

Il punto focale di questo progetto non è la depurazione, che è sicuramente importante e va effettuata attraverso i migliori filtri, ma mai quanto il fatto che l’acqua deve essere vitale e veramente assimilabile dall’organismo che la assume.

L’idea era di portare nelle case delle persone una fonte di benessere, prevenzione e salute per tutta la famiglia e farlo attraverso un gesto semplice come quello di bere un bicchier d’acqua.